© foto Giovanni Zati
DESCRIZIONE
- Tempi di percorrenza : 4 ore 15 minuti
- Difficoltà : Escursionistico
- Dislivello : 1235 metri
Ci sono luoghi che attirano subito l’escursionista per la straordinaria bellezza dei pascoli e delle cime. La vetta del Corno alle Scale ad esempio è una tappa obbligata per i frequentatori delle nostre montagne, così come i laghi o i passi comodamente raggiungibili dagli impianti sciistici. I panorami lassù sono incantevoli e la vista si perde nei manti di nuvole.
Ci sono altri luoghi però più nascosti e meno conosciuti al turista occasionale, che godono di un fascino tutto loro. Sono quei sentieri che si inerpicano per le dorsali boschive alle quote sottostanti nelle strette valli appenniniche. Sentieri a volte nascosti, a volte semplicemente più solitari, poco abituati al gran passaggio di avventurosi che popolano le vette più alte.
Salvo qualche belvedere, in queste foreste infatti non ci sono panorami da cartolina. Oltre alla loro bellezza, queste vallate conservano un altro tipo di paesaggio da ricercare nel fitto bosco. In queste alture infatti si possono trovare moltissimi segni dell’antica vita quassù. Tutti gli elementi che si possono incontrare ci raccontano ogni aspetto della quotidianità di un tempo.
Questo percorso, è un buon esempio di questo genere di luoghi. Partiremo dal Passo Tre Croci, più precisamente dal rifugio di Monte Cavallo, dove lasceremo la macchina, e ci incammineremo per il C.A.I. 103.
Il passo Tre Croci è chiamato così per via di tre curiose croci in legno presenti sulla cima. La leggenda di questo posto risale a l’inizio del Settecento. Pare che tre donne di Case Trogoni si incamminarono per andare a Porretta Terme passando per la strada di Castelluccio. Nonostante fosse giugno, arrivate in quei pressi furono sorprese da una tempesta di neve. Le tre donne morirono assiderate e a loro memoria furono erette tre croci. Per far sì che non capitasse più una tragedia simile, venne costruito il primo rifugio per viandanti, che diventerà poi il rifugio di Monte Cavallo: il bivacco del Pellegrino.
Poco dopo il rifugio, abbandoniamo il 103 e proseguiamo sul C.A.I. 101, direzione Pian dello Stellaio. In questa radura abbracciata dalla foresta si incontrano ben cinque sentieri. Il suggestivo nome si perde nel tempo, ma quello che è certo è fosse un tempo un crocevia importante per raggiungere il passo di Porta Franca, la porta per la Toscana. Ci piace pensare alle sere di qualche pastore che trovasse sollievo nella volta stellata che questa piana regala nelle notti buone.
Questi boschi immersi nella vegetazione più selvaggia e silente ogni tanto regalano qualche sorpresa. Poco prima di Pian dello Stellaio, ci imbattiamo nella Casetta Ruffo, un curioso bivacco in legno egregiamente costruito non segnato sulle mappe.
Proseguendo sul sentiero C.A.I. 145 si giunge a Casa Pacchioni. È un piccolissimo borgo che sorge a 1.050 m s.l.m., il più alto della valle e pare il più antico insediamento umano di tutta la vallata. Un tempo era abitato da ben 20 famiglie, mentre adesso sembra totalmente disabitato.
Da qui il sentiero che riporta a Monte Cavallo, siamo sul C.A.I. 141, sembra non vedere anima viva da chissà quanto tempo, eppure è magnifico. Siamo nella Macchia Buia, una zona boschiva particolarmente fitta e scura. Le immense faggete cedono di tanto in tanto il posto agli abeti, mentre la vegetazione del sottobosco ricopre il sentiero.
I casoni che troviamo sul percorso sono tanti e, nonostante gli anni trascorsi, sono ben conservati. Il loro fascino di ruderi in mezzo ad un bosco così silente e vivo, ci concede di immaginare il lavoro della gente di montagna quassù, spersi in questi piccoli angoli della foresta.
Passiamo per Pordana e proseguiamo fino alla fine del 141, che termina sulla strada asfaltata che conduce al rifugio Monte Cavallo.
L’arrivo al tramonto ci sembra un giusto epilogo.
CONSIGLI UTILI
Come tutti i sentieri del territorio di Granaglione è consigliabile munirsi di scarponi, pantaloni lunghi, giacca per il vento.
Per la tua sicurezza utilizza l’app GeoResQ : il servizio è gestito dal Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) e promosso dal Club Alpino Italiano (CAI).